Questo agile e illuminante volumetto costituisce, come si evince dal titolo e come l’Autore stesso precisa nelle righe che ne accompagnano la conclusione, «un’esposizione schematica degli aspetti che testimoniano la presenza di Tommaso d’Aquino nella recente filosofia analitica e che possono ragionevolmente indurre a parlare di “tomismo analitico” come di una tendenza rilevante, o di un approccio metodologico significativo, nell’ambito della cultura filosofica attuale». All’interno di questo ambito, allo scopo di rintracciare gli indizi di una significativa ripresa dei temi propri della filosofia scolastica e in particolare di Tommaso d’Aquino, Micheletti interroga tanto i più recenti sviluppi della filosofia analitica e della filosofia della mente – «sia sulla base di un diffuso aristotelismo riscontrabile alla radice della filosofia analitica, specialmente di stampo oxoniense, sia come conseguenza specifica della critica di Wittgenstein al mentalismo cartesiano e nel contempo al rappresentazionalismo, specialmente di matrice empiristica» (p. 59) – quanto quelle convergenze che, in «un clima di dialogo e di confronto positivo», accomunano filosofi analitici competenti nell’ambito del tomismo a filosofi tomisti che non disdegnino l’utilizzo di strumenti offerti dalla tradizione analitica. Beninteso, «non è che i tomisti siano diventati wittgensteiniani, o viceversa, ma verità comuni vengono riconosciute» (R. McInerny, cit. a p. 24).
Ma a cosa propriamente facciamo riferimento con la formula “tomismo analitico”? L’Autore chiarisce che esso non è da intendersi come un movimento ma «come un approccio metodologico a Tommaso che richiede anche l’interpretazione del suo pensiero nei termini tecnici della filosofia analitica» (p. 16). Un approccio metodologico che investe determinate aree di interesse, solitamente individuate nei temi dell’intenzionalità, dell’azione, della teoria delle virtù, dell’antropologia filosofica, della causalità e dell’essenzialismo. Beninteso, affinché a rigore si possa parlare di “tomismo analitico” non si tratterà di inserire le posizioni di Tommaso nelle griglie concettuali della filosofia analitica, in questo modo inevitabilmente forzandole o contaminandole, ma piuttosto di mettere a fuoco e in discussione quelle stesse griglie a partire da tali posizioni e dalla loro straordinaria forza argomentativa e sostenibilità razionale. Rispetto a questo trend, ormai diffusamente praticato in ambito analitico, è illuminante la testimonianza offerta da Brian J. Shanley e giustamente segnalata da Micheletti. In un articolo apparso nel 1999 in “The Thomist” Shanley, che allora denunciava la scarsa familiarità dei tomisti analitici con gli studi non analitici su Tommaso e sollevava dubbi sulla compatibilità della concezione tommasiana dell’esse come actus essendi con l’interpretazione della nozione di esistenza fornita a partire da Frege, avanzava delle solide riserve intorno alla tendenza «ad “addomesticare” Tommaso in metafisica in modo da farlo rientrare nelle categorie analitiche». Ma a distanza di tre anni, nel più recente The Thomist Tradition, pur conservando parte delle riserve di tipo metafisico e epistemologico, lo stesso Shanley parlerà di «fruttuoso interscambio tra tomisti e filosofi formatisi nella tradizione analitica» ammettendo apertamente che «la più importante nuova tendenza emergente nel tomismo, negli ultimi decenni, è quella connessa con l’interesse crescente per Tommaso d’Aquino tra i filosofi di formazione analitica» (p. 13).
Di analogo avviso numerosi altri intepreti. Christopher Hughes ha osservato come l’evoluzione della filosofia analitica della religione abbia prodotto una sorta di “ritorno alla scolastica”; Roger Pouivet che, convenendo con John Haldane intorno al fatto che sia un errore quello di «presentare la filosofia analitica come antimetafisica, scettica e nichilistica» poiché essa può rivendicare a ragione il ruolo di «principale erede del razionalismo filosofico occidentale», dal canto suo ha nel modo più netto affermato: «Appellarsi a S. Tommaso significa fare oggi filosofia». Inevitabilmente la lettura analitica di Tommaso ha portato allo sviluppo di un tomismo decisamente diverso dal neo-tomismo di ispirazione ecclesiale della fine del secolo XIX e dai lavori di Gilson e Maritain. Parlando di “tomismo analitico”, precisa infatti Pouivet, oggi si fa perlopiù riferimento alla particolare tendenza filosofica che ha preso avvio in Gran Bretagna attorno alla metà del secolo scorso e ha visto in Peter Geach, in Elizabeth Anscombe e Anthony Kenny i suoi maggiori interpreti.
Richiamandosi proprio alla Anscombe e a Peter Geach quali progenitori di questa tendenza, John Haldane – al quale di fatto si deve la paternità dell’espressione “tomismo analitico”, da lui coniata in occasione di alcune conferenze tenute nel 1992 presso l’Università di Notre Dame e riproposta a qualche anno di distanza in alcuni fascicoli delle riviste “The Monist” e “New Blackfriars” – ha affermato che ciò «di cui il pensiero filosofico ha bisogno, e di cui Tommaso offre le risorse, è una chiara descrizione della struttura intelligibile della realtà e dei principi appropriati di azione (…) insieme a un metodo che consenta di porre realmente ali fenomeni in relazione tra loro». È a partire dalla fine degli anni ’50 con la pubblicazione degli scritti di Geach che, a parere degli studiosi e segnatamente di Haldane che non ha mancato di intercettare tra le radici remote del tomismo analitico anche «un certo tipo di aristotelismo presente nella tradizione analitica inglese» (p. 9), si è dunque cominciato in modo sistematico a utilizzare Tommaso per chiarire questioni di metafisica, di filosofia della mente e di metaetica: «Da allora è più facile vedere riferimenti e discussioni delle idee di Tommaso su sostanza e causalità, su mente, conoscenza e azione, così come trovare discussioni più ampie e approfondite della sua teologia filosofica, della sua filosofia morale, politica e giuridica».
Di queste discussioni, di questa Renaissance analitica di Tommaso, Micheletti restituisce in modo sintetico un significativo affresco, contribuendo a tracciare le coordinate storiche e teoretiche di una tendenza di innegabile interesse filosofico. Il volume si compone infatti di cinque capitoli, attraverso i quali l’Autore si propone di render conto dell’origine di espressioni quali “tomismo analitico” o “tomismo wittgensteiniano” e di contestualizzare, mediante una breve ma penetrante rassegna storica, «le principali vie che la rilettura analitica di Tommaso d’Aquino e l’utilizzazione analitica delle risorse offerte dal tomismo hanno seguito negli scorsi decenni» (p. 5). Alla genesi e agli obiettivi di “tomismo analitico” e “wittgensteiniano” sono dedicati i primi due, ricchi di riferimenti e coordinate storiche e bibliografiche; il terzo interessa lo specifico segmento della tradizione analitica occupato dalla “epistemologia riformata”: qui l’influenza di Tommaso si intreccia con la critica che gli autori legati a questo orientamento hanno a più riprese indirizzato al “fondazionalismo”, sicché non stupisce che in un saggio di venti anni fa Wolterstorff asserisse che «il crollo del fondazionalismo classico in epistemologia travolge l’evidenzialismo e il tipo di apologetica che ha le sue radici soprattutto in Locke mentre lascia intatto il progetto di teologia naturale proprio di Tommaso d’Aquino» (p. 36). Come documenta l’opera di autori quali John Haldane e David Braine, il tomismo si è esercitato tuttavia anche nell’ambito della difesa del realismo epistemologico e metafisico; di ciò Micheletti riferisce nel quarto capitolo, dedicando il quinto e ultimo alla presenza di Tommaso nel contesto della filosofia morale contemporanea – si pensi a Finnis o MacIntyre ma anche a Anscombe e Foot – segnatamente nell’ottica di quelle tradizioni teoretiche che fanno riferimento alla legge morale naturale o all’etica delle virtù. Allo scopo di individuare gli orientamenti di tipo tomistico presenti anche nella più recente teologia filosofica analitica, infine, aggiornato nella bibliografia viene riproposto in Appendice il saggio su La rinascita della teologia naturale nella filosofia analitica già pubblicato nel 2005 in un fascicolo di “Hermeneutica”.
Pubblicato in "Filosofia e Teologia" 2/2008