breve estratto
Ἡ ἀγάπη ἀνυπόκριτος.
Rm 12,9
Rm 12,9
La presenza pressoché costante di Nietzsche nel quadro della cultura filosofica, teologica e letteraria dello scorso secolo e la perdurevole influenza esercitata dalla sua riflessione hanno contribuito a conferire al filosofo sassone e al suo pensiero un carattere di eccezionale attualità. Il fatto non può risultare privo di interesse considerando che egli aveva plasmato la propria identità di individuo, primaché di intellettuale, facendo perno proprio sulla natura radicalmente inattuale del proprio messaggio. E tuttavia Nietzsche deve essere stato senz’altro consapevole del destino di notorietà che lo avrebbe atteso, e che almeno in principio sarebbe stato fortemente amplificato dal tragico epilogo della sua complicata vicenda umana, se prima di inabissarsi nel mistero della demenza non mancherà di affidare alle pagine di Ecce Homo il timore che in un futuro non troppo lontano la sua controversa e singolare figura di penseur de l’irrespect potrà nondimeno essere canonizzata. Timore che risulterebbe in realtà ingiustificato se lo si intendesse in modo distratto, se si ignorasse cioè il fatto che la “canonizzazione” alla quale propriamente egli si riferisce perlopiù riguarda la possibilità a un tempo lieta e spaventevole della complessiva attualizzazione del suo pensiero. Un pensiero al quale, come il Nostro sovente asserisce, «si confà unicamente il giorno seguente al domani».
Com’è noto il Novecento ha prepotentemente sottratto la figura di Nietzsche dal clima di disinteresse che salvo rarissime eccezioni lo aveva circondato negli anni antecedenti al tracollo psichico e che, come si evince dal suo epistolario, era per lui motivo di serio struggimento. Ma di fronte a certune derive di questa perdurevole Renaissance occorre domandarsi se l’ampia risonanza di cui la pagina nietzschiana ha goduto negli ultimi decenni e di cui gode ancora oggi non sia anche valsa a generare gravi incomprensioni di carattere storiografico e teoretico. Del resto già nel 1894 Lou Andreas-Salomé andava denunciando le prime avvisaglie del nascente culto: «Da quando la ristretta e dispersa schiera dei suoi consueti lettori, che sapevano leggerlo veramente, è diventata una vasta schiera di seguaci; da quando ampie cerchie si sono impadronite di lui, gli è capitata la sorte che minaccia ogni scrittore di aforismi: alcune singole idee, isolate dal contesto e perciò interpretabili a piacere, sono state ridotte a motti e parole d’ordine di tutte le tendenze, risuonano nella battaglia delle idee, nei dibattiti di parte da cui Nietzsche era completamente estraneo».
Le incomprensioni che interessano il pensiero nietzschiano si affollano in misura non trascurabile sul delicato terreno della critica religiosa. E del suo costante e conflittuale confronto con il cristianesimo si sono occupati autorevoli studiosi, molti dei quali succedutisi nel solco di una tendenza storiografica inaugurata da Ernst Benz nei primissimi anni della recezione dell’opus nietzschiano e fiorita in via definitiva attorno alla metà del secolo scorso. Anche in considerazione di questi numerosi studi non può sorprendere che un’analisi sufficientemente attenta della Rezeptionsgeschichte degli scritti di Nietzsche nel quadro della cultura novecentesca attesti, unitamente alla sua straordinaria incidenza sul piano filosofico e letterario (ma anche politico e artistico), la notevole influenza esercitata nel dibattito teologico. Influenza che da Kalthoff a Barth, da Bonhoeffer a Mounier, da Marcel a Jüngel, non dimenticando Altizer e gli esponenti della “teologia radicale”, ha inevitabilmente condizionato l’originaria intelligenza della sua teoresi.
E tuttavia molti interrogativi continuano a accompagnare l’interpretazione degli scritti nietzschiani. Non possiamo qui ricostruire la storia della loro ricezione, per la quale rimandiamo il lettore a una vastissima letteratura critica, ma almeno sollevare alcuni dubbi sulla opzione autenticamente religiosa che, largamente presente al loro interno, è stata tuttavia talora trascurata dagli interpreti. A cominciare naturalmente dalla lettura, per tanti versi penetrante ma fuorviante per altri, proposta da Martin Heidegger. Pur avendo infatti documentato il rilievo concretamente filosofico e non soltanto lirico o retorico della filosofia di Nietzsche, Heidegger ha tuttavia mancato di cogliere il significato complessivo di un tema, quello del Tod Gottes, che in essa recita un ruolo di preminenza. E che alimenta la rumorosa interrogazione sul senso in cui propriamente si risolve l’intero itinerario umano e intellettuale di Nietzsche.
Breve estratto (senza note) di H. Spano, Friedrich Nietzsche. Tra finis christianismi e questione del senso, in Nichilismo e questione del senso. Da Nietzsche a Derrida, a c. di S. Sorrentino, Aracne, Roma 2005, pp. 11-35.